Spagna campione d'Europa
Le Furie Rosse dominano la Germania: decide un gol di Torres
Alla fine, la ragazza di buona famiglia, bellina, studiosa ma a volte un po’ sciocchina, ce l’ha fatta. La Spagna è regina d’Europa 24 anni dopo l’ultima finale e 44 dopo l’unico titolo. Ha battuto a Vienna, in capo a una ordalia sempre controllata e spesso dominata, la Germania, più alta, più grossa ma non necessariamente più grande. Michel Platini, da giocatore, aveva tolto una coppa alla Spagna nel 1984; ieri sera, da presidente dell’Uefa, gliel’ha consegnata. Cantano e brindano, gli amici iberici, alla salute di Luis Aragonés e dei suoi moschettieri. Calcio di tocco, non irresistibile ma seducente. E una straordinaria copertura del campo. Solo una squadra non ha perso con i neo campioni: l’Italia di Roberto Donadoni. Di solito, queste sfide sono il pane della Germania. Non un tiro nello specchio, non un guizzo, salvo l’elemosina raccolta in avvio. Ballach, il nodo che aveva strozzato la vigilia, ha ribadito di non saper cambiare le partite che cambiano la storia.Comincia aggressiva, la Germania. Dall’alto, il 4-1-4-1 degli spagnoli sembra un’enorme gabbia che cammina. È a sinistra, almeno all’inizio, che i tedeschi trovano generosi varchi. Un po’ perché Sergio Ramos fatica a collegarsi e un po’ perché Iniesta, poi trasferito sul versante opposto, è preda facile di Lahm, Podolski e di chi, a turno, batte quei sentieri. Il pressing di Klose, su Ramos, e un tunnel di Ballack, a Puyol, producono avvisi di occasioni, non occasioni vere e proprie. Scambiate le «ali», chiamiamole così, la Spagna alza, piano piano, la cresta. Un miracolo di Lehmann scongiura l’autogol di Metzelder. Il palo di Fernando Torres - di testa, su cross di Sergio Ramos - ribadisce quanto la «camomilla» sia entrata in partita.Rosetti accompagna i duellanti, molto duri, molto corretti. Una manina di Capdevila scatena dibattiti: rigore sì, rigore no? Non scherziamo. Torres si batte come un leone fra le sbarre di Mertesacker e Metzelder. Non è un caso che sia proprio lui, al 33’, a spaccare l’equilibrio: l’assist è di Xavi, Fernando si mangia il povero Lahm e infila Lehmann. Subito dopo, ecco Iniesta. Smarca Silva, che spreca di volée. Senna si occupa di Ballack, speronato in pieno volto: sangue e arena. Frings e Hitzlsperger tamponano su Fabregas e Xavi. La maginot iberica, più compatta e più alta, costringe Schweinsteiger e Podolski a guidare spesso contro mano. Fischi all’annuncio di Rosetti, fischi a Ballack che rientra: spagnoli, e il fair play? Non il miglior Lahm, a essere pignoli. Anche per questo, nella ripresa, Loew lo avvicenda con Jansen. La Germania se la prende comoda. Marchena, tradito dalla foga (si dice così) centra in pieno i genitali di Klose. Zitta zitta, la Spagna ritorna «tisana». Passeggia, palleggia, traccheggia. Xavi, Fabregas, Iniesta, scatenato, e Silva addormentano i pazienti tedeschi. Poi, d’improvviso, battono a rete: come Xavi (bravo Lehmann), come Silva (fuori di poco). Obbligata la mossa Kuranyi: esce Hitzlsperger, un gregario di cui si erano perse le tracce da tempo. Un errore di Puyol, non il primo, libera il sinistro di Ballack, a fil di montante. La temperatura sale. Silva cerca rogne con Podolski, non siamo sui livelli di Zidane ma era una testatina da rosso. La lealtà del tedesco, che non cade folgorato, spiazza Rosetti. Aragonés richiama Fabregas, così così, e Silva, isterico. Dentro Xabi Alonso e Santi Cazorla. Premono i panzer e, come spesso succede, sono gli avversari a sciupare: Sergio Ramos di testa (salva Lehmann), Iniesta (salva Frings), ancora Iniesta. Che se ne vada Klose, ci sta. Ma Torres, proprio lui, boh: immagino che sia spremuto come un limone. Senna va a un passo, ma proprio uno, dal sigillare il tesoro di Torres. I gol di scarto dovrebbero essere almeno un paio. Molta Spagna. Solo Spagna. Che difesa: zero reti con Italia, Russia e Germania. Grande, Aragonés. E per Casillas, modiche respinte in mischia.Quando vincono i migliori, lo sport respira. Perché sì, se ti chiami Michael - Ballack o Schumacher non importa - troverai sempre un Senna dietro l’ultima curva pronto a chiederti il conto. L’ultima curva era ieri. E il Senna di Luis Aragonés l’ha chiesto.
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1 commento:
grande Spagna, si merita la vittoria dell'europeo secondo me
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